Questo articolo di Buffalo Bill
tocca un tema molto delicato, il rapporto col servzio di chi è in cura
per una dipendenza. Ma qui viene affrontato anche un tema fondamentale
in ogni percorso di recupero: cosa me ne faccio del mio passato? Come mi
rapporto al vecchio "me stesso" man mano che miglioro?
Le risposte che ha dato Buffalo Bill sono, per certi versi, sorprendenti e sarebbero uno straordinario antidoto contro la marea di retorica che avvelena e svilisce questi temi.
Grazie Buffalo Bill, grazie davvero!
LA REDAZIONE DE L'URLO
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Questo problema è una cosa che, chi lavora in questo settore, dovrebbe tenere in considerazione, credo che tanti come me mollino molto presto perché non trovano ciò che si aspettavano. Il primo anno ho continuato a drogarmi regolarmente, facendo le urine una sola volta la settimana, o saltando del tutto per un mese intero, tanto avevo notato che al massimo ti prendevi un rimbrotto dalla psicologa prima del colloquio alla quale, tra l’altro, potevi porre mille scuse per giustificarti. In più le persone coinvolte nella privacy della mia cartella clinica, mia moglie e mia madre, non controllavano i risultati delle urine e si fidavano dei miei escamotage per sfuggire ai controlli: in pratica era diventata un’abitudine quella di farmi la foto davanti all’ingresso del SerDP per poi mandarla a mia moglie che si fidava con poco. Io ritengo, invece, che sarebbe molto più utile se, ad ogni positività o ad ogni mancata urina, si chiamassero le persone inserite nel progetto di cura.
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