Questo articolo di Buffalo Bill
tocca un tema molto delicato, il rapporto col servzio di chi è in cura
per una dipendenza. Ma qui viene affrontato anche un tema fondamentale
in ogni percorso di recupero: cosa me ne faccio del mio passato? Come mi
rapporto al vecchio "me stesso" man mano che miglioro?
Le risposte che ha dato Buffalo Bill sono, per certi versi, sorprendenti e sarebbero uno straordinario antidoto contro la marea di retorica che avvelena e svilisce questi temi.
Grazie Buffalo Bill, grazie davvero!
LA REDAZIONE DE L'URLO
* * *
Per quanto riguarda la psicologa, mi dava quasi fastidio sentirmi fare tante domande, dover per forza parlare di cose che in realtà, io, da una vita cercavo di tacere. Più di una volta, poi, mi sono presentato al colloquio sotto effetto di sostanza, o con la bustina in tasca, e una volta ho addirittura fatto una riga nel bagno al piano di sopra del SerDP di *, subito dopo un colloquio. Praticamente da fine gennaio 2019 allo stesso periodo del 2020, mi sono drogato quanto in precedenza, se non di più. A questo punto si potrebbe pensare che quindi i servizi non servono a niente, che quello è stato un anno perso, che, come scrivevo poc’anzi sia tutto inutile. Invece non è così, anzi, è proprio il contrario. Oggi so che mi drogavo di più e cercavo di fuggire dal progetto di cura perché qualcosa, nelle parole della psicologa, nell’obbligo delle urine, nel frequentare quel posto e quindi vedere miei simili, spesso messi molto peggio di me, stava facendo esattamente l’effetto desiderato: scavare delle fondamenta sicure su cui poggiare un nuovo inizio, illuminare il buco nero in cui mi ero perso per farmi vedere dov’era la via d’uscita, mettermi in guardia rispetto al rischio di poter perdere tutto.
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