mercoledì 30 maggio 2018

TUTTO QUELLO CHE NON AVRESTE MAI SUPPOSTO SULL’ERBORISTERIA (parte 6, ed ultima)


Un nostro redattore ha ci ha proposto un articolo divertente ed ironico sulle vicende surreali che ha vissuto durante la sua attività di erborista, ve lo proponiamo a puntate.
Questo articolo è uscito anche sul numero di agosto-settembre 2017 di Borgorotondo.
Buona lettura!

LA REDAZIONE DE L'URLO

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Mi venivano richieste “tisane intossicanti” (anziché disin­tossicanti) per il fedigo, dal dialetto fedig, cioè fegato. “Al­lora cosa devo fare per filtrare la tisana, uso il culino?”, ovviamente il colino in dialetto si dice culein e quindi di­ventava culino. Tutte robe che al corso di erboristeria non mi dissero che avrei trovato. Potete ben capire che in una situazione di totale “fanta- erboristeria” come quella era estremamente difficile “far soldi”. E ancora... Tra gli anni ‘80 e i ‘90 ci fu quella deleteria proliferazione abnorme di alghe “putride” nell’Adriatico. Una tale Wanna Marchi, nota turlupinatrice di “poveri grul­li”, le andava a raccogliere per trasformarle in miracolose creme dimagranti che costavano una “cifra” e che vendet­te a quintalate; mentre in erboristeria, le stesse creme, ma lavorate con alghe appositamente coltivate e soprattutto non marce e che tra l’altro costavano cinque o sei volte di meno, non andavano via neanche a spingerle, perché giudi­cate troppo costose! Il Balsamo Tigre diventava “grasso di tigre” o anche “unto di tigre” che mi faceva sempre un po’ di ribrezzo (povere tigri!). “Vorrei un lassativo che non mi faccia andare di corpo”. ‘Vorrei un diuretico che non mi faccia urinare”. Un signore una volta mi chiese se avevo dei “Fiori di Zol­fo” (che son minerali venduti in farmacia, mio babbo era farmacista e lo so). Di tutte queste robe ne ho trascritte più di un centinaio e solo perché molte dimenticai di trascriverle.

LEGNO

Fine

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