Questo
racconto collettivo intitolato "La questione" lo abbiamo scritto per partecipare a "TUTTI", un'iniziativa
della Biennale di prossimità, che si terrà a Bologna il dal 15 al 18 giugno, e
che ha come scopo quello di raccogliere racconti dal sociale. Ci è piaciuto
molto scriverlo e ci fa piacere condividerlo con i nostri lettori.
LA REDAZIONE DE L'URLO
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Perché
sei un pirla! Se ti succedono tutte queste cose che non pensavi che ti potessero
succedere vuol dire che un po' te le sei cercate, io non cercavo certo questo
stile di vita in particolare, ero sicurissimo che non avrei mai toccato la
questione. Per me chi lo faceva non amava la vita! Fino a quel punto avevo
fatto spettacoli per tutta Italia, avevo conosciuto paesi, dialetti, usanze,
persone. Ero fuori dagli schemi ma in senso positivo, poi quel tuono, quel fulmine
chiamato servizio militare. Avevo scelto i corpi speciali semplicemente perché
pagavano di più, ma fu l'anno più difficile della mia vita. Fare i conti con le
proprie responsabilità non è mai semplice, si tende ad attribuire agli altri,
agli eventi, al caso, alla sfortuna, la causa della propria condizione attuale,
tutto purché ci si possa assolvere: la polizia, i genitori, la presidente della
Camera, i "fascisti", tutti i nemici, tutti i colpevoli… La colpa è
loro se la tua ragazza ti ha lasciato, se ti hanno licenziato, se non ti tira
l'uccello. È per questo che scendi in piazza a sbraitare di rivoluzioni, di
ideali, ma alla fine tutta questa gente, i tuoi nemici, manco li conosci, i
tuoi problemi sono altri. Era tuo padre che ti dava gli schiaffi, non il Duce, è
stata la tua ragazza che chi ti ha detto che eri impotente, non la presidente
della Camera. Il nemico non esiste, il tormento è dentro di noi, questo uragano
di sofferenza lo proietti anche sugli altri, ed è così che nasce la storia. Infatti,
cominciò tutto con delle piccole avvisaglie, inizialmente erano semplici ondate
di disagio che diffondevano un nervosismo secco e ti facevano irrigidire, ma
fin qui tutto sotto controllo. Dopo iniziò una nuova fase, con un irrefrenabile
senso di collera che partiva dalle viscere, diffondendosi dal plesso solare,
una vampata di calore che arrivava al resto del corpo fino a raggiungere
l'estremità degli arti e il cervello. A questo punto iniziavano ad uscire le
prime gocce di sudore. Questa escalation
di sensazioni divenne sempre più forte, sempre più potente fino a che
incominciai a perdere il controllo di me stesso. Spesso mi dicevo che, certo,
quelli come me hanno pensato che non poteva succedere proprio a loro, del
resto, alcuni di noi sono anche quelli che "domani smetto", “ancora
una, poi basta", "smetto quando voglio". Ma io non ho mai
pensato “smetto quando voglio”, perché non volevo smettere. Oltretutto ero
nell'ambiente già da parecchi anni. Penso che il problema principale nasca dal
mondo che ti crei, dal contesto che ti costruisci perché quello rischia di diventare
l’unico nel quale riesci a vivere: hai perso il mondo reale e per questo resti
nel tuo mondo dato che sembra che ti dia tutto quello che ti serve anche se non
ti da nulla di ciò che vorresti. Io penso che si sceglie il mondo del vizio
perché si cerca un conforto che altrove non si troverebbe, in effetti il vizio
è un'arma a doppio taglio, potrebbe essere qualcosa di estremamente attraente e
liberatorio ma adesso la paura di non poter essere in grado di gestirlo e
controllarlo lo rende pericoloso. Non nascondo che mi piacerebbe (ancora?)
esserne preda ma ne temo le conseguenze. Quindi o deciderò di assecondarlo,
abbandonandomi, oppure continuerò a contrastarlo con la consapevolezza che
avrei potuto perdermi in esso.
Bello mi ci rivedo in pieno
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