Capita certe volte che qualcuno scriva un articolo per il nostro giornale che è qualcosa in più di un semplice articolo. Non è solo bello, non è solo vero, e nemmeno è solo profondo. Sono articoli su cui è impossibile dire qualcosa e che possono solo essere letti.
Noi ci limitiamo solo a ringraziare di cuore ORVE per aver condiviso con noi questo suo scritto in una fredda redazione di gennaio, che di colpo si è riempita di calore ed affetto!
LA REDAZIONE DE L'URLO
* * *
Sono nato in un piccolo paese da genitore poveri, mia
mamma casalinga e mio padre muratore alcolizzato.
Noi figli eravamo in otto tra fratelli e
sorelle. La mia vita è stata un tormento
sin da giovane, avendo un padre alcolizzato che passava più tempo a farsi dei
gran fiaschi di vino che lavorare, per poi essere violento con la famiglia.
Ricordo che un
giorno cerco di affogare la mia mamma in un pozzo, per fortuna che arrivarono i
carabinieri e che lo portarono in carcere a Regina Coeli. A me e a una delle mie sorelle ci portarmi
una specie di asilo lì nel nostro paese, che sembravo una prigione. Ci
mandavano a letto alle otto dopo il famoso carosello e dopo averci fatto
ascoltare tre Messe durante la giornata: una la mattina una il pomeriggio e una
alla sera e mangiando tutti i giorni soltanto pollo o caffelatte e senza mai assaggiare nemmeno
un ghiacciolo, vedendo la luce del sole soltanto attraverso le finestre o
quando ci facevano andare a prendere la legna per la stufa o per andare a
scuola che si trovava a 200 m davanti alla asilo.
Una volta tornato a casa mio padre finì anche la
nostra prigionia, io e mia sorella tornammo a casa nostra, ma purtroppo avevo
già undici anni. Sì ho passato sei anni senza un giocattolo o senza un amico e
quando sono rientrato pensavo che tutto fosse finito invece no, iniziò un altro
calvario: mio padre si rimise a bere e la sua violenza peggiorò al punto che io e i miei fratelli
con mia mamma ci chiudevamo in camera per fuggire da mio padre, ubriaco e
impazzito, che cercava di sfondare la porta con l’accetta, urlando che avrebbe
ucciso la mamma. Da lì arrivarono
un’altra volta i carabinieri e se lo portarono in caserma, ma non era finita.
Stette buono per qualche mese finché una mattina mi venne a svegliare già
ubriaco fradicio per dirmi che dovevo andare con lui a prendere la legna nel
bosco con il motocarro. Io mi alzai, mi vestii e zitto zitto e timoroso andai
con lui, anche se non si reggeva in piedi. Andammo nel bosco, mentre lui continuava
a bere il suo maledetto vino io cercavo la legna. Finito di caricare ripartimmo
verso casa. Arrivati vicino a casa mio
padre rovescia tutta la legna e con cattiveria mi disse di ricaricare tutto,
allora io già stanco dissi di no perché era ubriaco. Così lui si agitò presi un
bastone e cominciò a corrermi dietro urlandomi che non mi dovevo permettere di
parlarmi così. Correndo persi anche una scarpa.
Nel frattempo gridavo aiuto, per mia fortuna uscì uno dei miei zii che
gli urlò che se mi avesse toccato gli avrebbe spaccato la faccia e posso dire
per fortuna perché altrimenti non so se mi avrebbe picchiato con quel bastone
ma penso proprio di sì. Da quel da quel giorno c’è stato un allontanamento da
parte mia nei suoi confronti al punto che quando è morto, anche se mi è morto
tra le braccia non sono riuscito a versare una lacrima per lui. Dalla
giovinezza in poi non ho trovato una persona leale. Sono stato con una ragazza
12 anni ma 12 anni di alti e bassi con liti, insulti, schiaffi, sputi e tradimenti. Feste di Natale e ultimi
dell’anno trascorsi da solo, viaggi a vuoto, umiliazioni finché un giorno mi
disse che non mi amava. Un’altra ragazza con cui ho convissuto un anno e mezzo
e con cui dovevamo sposarci mi abbandonò il giorno del mio compleanno dandomi un mese prima il preavviso che se non
trovavo lavoro mi avrebbe mandato fuori casa, ma allora sono io che ho qualcosa
che non va o non riesco a trovare che mi ama veramente e che mi accetti per
quello che sono e per quello che non ho.
Questa è una domanda che mi sono
sempre fatto e tuttora non so darmi una risposta.
ORVE
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