lunedì 26 gennaio 2015

SOSTANZE STUPEFACENTI E PREGIUDIZI


Due settimane fa è venuta in redazione L., discutendo con lei, ad un certo punto, ci ha confessato che riguardo la scrittura si sentiva un po' "bloccata", ha aggiunto che era da tanto tempo che non scriveva e che non si sentiva ancora pronta per tornare a scrivere. Poi, la settimana successiva è venuta con questo pezzo bellissimo che ci ha letto in redazione.
Abbiamo deciso di pubblicarlo subito perché vale davvero la pena di leggerlo!
Alla faccia del "blocco"!!!

La redazione de l'urlo

All'interno del termine comunicazione sono racchiuse una miriadi di accezioni, e penso che conoscere le svariate modalità con cui possiamo presentarci agli altri, interagire con loro e farci conoscere, sia un enorme risorsa. Noi esseri umani certamente comunichiamo con le parole, ma questo non esclude che lo possiamo fare anche con la gestualità, le espressioni del viso, il modo che abbiamo di muoverci, di camminare. Seppur spesso ciò avvenga in maniera involontaria, posso comunicare parecchio di me agli altri anche solo con una stretta di mano, con un sorriso. Quello su cui mi sono interrogata molto spesso è quale sia il modo più corretto e costruttivo, e meno traumatico, per comunicare agli altri che facciamo, o abbiamo fatto, uso di sostanze. "Chi è" il tossicodipendente? Senza scontrarsi subito contro un muro di pregiudizi derivati da ignoranza riguardo all'argomento, e con un'informazione frammentaria e "terroristica", mirata più all'emarginazione del tossicodipendente che ad una reale voglia di spiegare, per la maggior parte della gente il tossicodipendente è solo quello che "ruba, picchia i genitori, vive alle spalle degli altri, si scambia siringhe e per questo è sicuramente malato, sporco e da tenere alla larga". Così come l'omosessuale è quello "incapace di rapporti veri, infedele, sciocco e amante della promiscuità e della vita dissoluta". E ce ne sono a centinaia di luoghi comuni del genere, uno o più per ogni categoria di persone (e non solo) a cui la società e la tradizione hanno affibbiato una determinata etichetta: così "gli zingari sono tutti ladri", "le belle donne sono tutte stupide", i "gatti neri portano sfiga", "chi ha tatuaggi è un delinquente" e via così.
Ma qual è allora il modo migliore, la forma di comunicazione più efficace, per far conoscere agli altri il mondo dei tossicodipendenti? Il primo passo è senza dubbio quello di far capire alla gente che "i tossicodipendenti" non è un'entità unica, un insieme di persone tutte uguali tra loro, non sono una rigida categoria.
Il tossicodipendente è il muratore che lavora con te tutti i giorni, è la maestra di tuo figlio, è il ragazzo vino che ancora studia, è il celibe, la madre di famiglia, il compagno d'università; il tossicodipendente è vecchio, è giovane, antipatico e simpatico. È la persona che vive tra noi, è il tuo vicino di casa, è il passeggero accanto a te sul treno.
Capire questo è già un primo passo.
Per anni io stessa mi sono privata dell'opportunità di nuove amicizie, perché ritenevo quasi un obbligo, per dare il via ad un rapporto, di presentarmi subito per quello che ero: una tossica. Mi sembrava impossibile mettere le basi per una nuova amicizia, senza prima "confessare il mio peccato".
Che sciocchezza eh?
Come se una persona fosse costretta a confidare subito un aspetto della propria vita così importante ma anche così delicato e personale.
Chi mai pretenderebbe, conoscendo una persona, che stringendole la mano per presentarsi, dicesse: "piacere mi chiamo tizia e sono anoressica", oppure: "molto lieto, sono Caio e soffro di attacchi di panico"?
E allora perché, per chi fa uso di sostanze, dovrebbe essere diverso?
Per troppi anni mi sono etichettata da sola come "la tossica", tralasciando tutti gli altri aspetti di me, le mie qualità. E se lo facevo io per prima forse posso biasimare gli altri se lo fanno? Per far sì che le persone ci conoscano per quello che siamo realmente dobbiamo essere noi i primi a farci conoscere. E allora, forse, per comunicare agli altri chi è un tossicodipendente la prima regola è quella di non comunicarlo, fino a che non sentiamo che è arrivato il momento, e abbiamo instaurato con l'altro un rapporto fatto di fiducia e rispetto. Dobbiamo farci conoscere per ciò che siamo, come qualunque altra persona, senza macerarci nella sensazione che stiamo nascondendo qualcosa di grosso. E dobbiamo avere più fiducia nelle persone e credere che se ci apprezzeranno per quello che siamo, con i nostri pregi, i nostri difetti, le nostre fragilità, se apprezzeranno "quella persona lì", allora quando verranno a sapere che si tratta di un tossicodipendente il loro giudizio non cambierà, e l'opinione che si erano fatti di noia "prima", resterà invariata anche "dopo".
E se così non sarà: tanti saluti! nel mondo ci sarà sempre chi non riesce ad andare oltre i pregiudizi: non è certo colpa nostra!

L.




venerdì 9 gennaio 2015

L'URLO SETTIMANALE

E' da un po' che non pubblicavamo dei post... ma nostre attività ci hanno assorbito non poco!
Tuttavia ricominciamo con una bella novità: la redazione de urlo diventa, da gennaio, un appuntamento settimanale!!!



Inoltre ci tenevamo ad annunciare che l'urlo sarà presente martedì 20 gennaio dalle 9:30, a Bologna, nella Sala Polivamente del palazzo della Regione  (via Aldo Moro, 50) in occasione del seminario "Droghe e comunicazione" durante il quale terrà un intervento per presentare le attività del nostro giornale. Siamo molto contenti di questa opportunità che è un bel riconoscimento soprattutto per tutti quelli che, in questi anni, hanno contribuito coi loro articoli ed il loro lavoro a rendere questo giornale vitale ed interssante!

La redazione de l'urlo