Giovedì 28 gennaio abbiamo letto questo articolo di M. ed abbiamo deciso subito di pubblicarlo sul nostro blog: è così vogliamo esordire nel 2016. Rigorosamente in modo non banale. E gli articoli di M. hanno sempre il raro pregio di sfiorare le cose durezza, le sue riflessioni sono piene di una gentilezza che non risparmia mai nulla, e per noi è importante avere un redattore così.
Auguriamo a tutti buona lettura.
LA REDAZIONE DE L'URLO
* * *
Ci
sono eventi che, quotidianamente, ci spingono a riflettere a proposito di quel
turbamento dell'anima, quella sorta di immenso e profondo disagio sia fisico
che psichico, del quale è vittima ogni essere senziente: il dolore.
Un primo
errore che potremmo essere indotti a fare,è quello di pensare che il solo
genere umano sia caricato di questo pesante fardello, in realtà condiviso a
diversi livelli da tutti gli esseri viventi. Certo se priveremmo dell'acqua la
nostra pianta, non potremo aspettarci che urli o si dimeni, però noteremo
sicuramente l'afflosciarsi e l'ingiallire delle foglie, ed è questo il suo modo
per dirci: sto soffrendo. Una cosa a mio parere importante da perseguire è la
sensibilità empatica, ovverosia la percezione del dolore negli altri, il quale
dovrebbe essere considerato né più né meno importante di quello provato da noi
stessi. E molte volte ciò viene contrastato dal nostro immenso ego, il quale ci
induce a pensare che sia il nostro l'unico, ovvero il solo a meritare la nostra
attenzione. Secondo errore.
Con i mammiferi, che sono in certo modo gli animali
più simili all'uomo a livello di comunicazione del dolore, ci risulta più facile
capire quando soffrono, pur continuando a pensare che in qualche maniera il loro
sia meno importante del nostro. In realtà innumerevoli esempi possono farci
capire che il loro comportamento, sia tra di loro che verso l'uomo, ha un'etica che addirittura supera quella di gran parte
del genere umano. La criminale consapevolezza con la quale la nostra specie sta
distruggendo Gaia, l'ecosistema sul quale tutti noi stiamo viaggiando
nell'universo, dovrebbe suscitare in noi lo stesso dolore che si prova davanti
a un genocidio. Ma che c'importa, tanto saranno i nostri figli e i nostri nipoti
a pagarne le conseguenze. Ripensando alle generazioni passate, ai racconti di
mio padre, classe 1930, dei miei zii e dei miei nonni, posso solo arrivare a
sfiorare col pensiero il patimento e i dolori da loro passati. Gli orrori della
guerra, gli stenti della fame sono esperienze che possono portarti a
oltrepassare il limite aldilà del quale si rischia di mettere a repentaglio la
sanità mentale. Ciò che può in molti casi riuscire a salvarci, e che nella
schizofrenia egocentrica dell'attuale società si è perduto rispetto al
passato, è la pratica della solidarietà e della compassione. Dobbiamo essere
certi che ognuno di noi può fare qualcosa, ciascuno a seconda dei propri mezzi,
condividendo il proprio e cercando di alleviare l'altrui patimento. Solo
prendendo coscienza degli stati di profonda costernazione in cui altre creature
possono venire a trovarsi riusciremo a dare un più equo grado di importanza
anche al nostro dolore.
“Se
comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”
Primo Levi.
M.