sabato 30 gennaio 2016

LA SOGLIA DEL DOLORE



Giovedì 28 gennaio abbiamo letto questo articolo di M. ed abbiamo deciso subito di pubblicarlo sul nostro blog: è così vogliamo esordire nel 2016. Rigorosamente in modo non banale. E gli articoli di M. hanno sempre il raro pregio di sfiorare le cose durezza, le sue riflessioni sono piene di una gentilezza che non risparmia mai nulla, e per noi è importante avere un redattore così.
Auguriamo a tutti buona lettura.

LA REDAZIONE DE L'URLO

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Ci sono eventi che, quotidianamente, ci spingono a riflettere a proposito di quel turbamento dell'anima, quella sorta di immenso e profondo disagio sia fisico che psichico, del quale è vittima ogni essere senziente: il dolore.
Un primo errore che potremmo essere indotti a fare,è quello di pensare che il solo genere umano sia caricato di questo pesante fardello, in realtà condiviso a diversi livelli da tutti gli esseri viventi. Certo se priveremmo dell'acqua la nostra pianta, non potremo aspettarci che urli o si dimeni, però noteremo sicuramente l'afflosciarsi e l'ingiallire delle foglie, ed è questo il suo modo per dirci: sto soffrendo. Una cosa a mio parere importante da perseguire è la sensibilità empatica, ovverosia la percezione del dolore negli altri, il quale dovrebbe essere considerato né più né meno importante di quello provato da noi stessi. E molte volte ciò viene contrastato dal nostro immenso ego, il quale ci induce a pensare che sia il nostro l'unico, ovvero il solo a meritare la nostra attenzione. Secondo errore.
Con i mammiferi, che sono in certo modo gli animali più simili all'uomo a livello di comunicazione del dolore, ci risulta più facile capire quando soffrono, pur continuando a pensare che in qualche maniera il loro sia meno importante del nostro. In realtà innumerevoli esempi possono farci capire che il loro comportamento, sia tra di loro che verso l'uomo, ha un'etica che addirittura supera quella di gran parte del genere umano. La criminale consapevolezza con la quale la nostra specie sta distruggendo Gaia, l'ecosistema sul quale tutti noi stiamo viaggiando nell'universo, dovrebbe suscitare in noi lo stesso dolore che si prova davanti a un genocidio. Ma che c'importa, tanto saranno i nostri figli e i nostri nipoti a pagarne le conseguenze. Ripensando alle generazioni passate, ai racconti di mio padre, classe 1930, dei miei zii e dei miei nonni, posso solo arrivare a sfiorare col pensiero il patimento e i dolori da loro passati. Gli orrori della guerra, gli stenti della fame sono esperienze che possono portarti a oltrepassare il limite aldilà del quale si rischia di mettere a repentaglio la sanità mentale. Ciò che può in molti casi riuscire a salvarci, e che nella schizofrenia egocentrica dell'attuale società si è perduto rispetto al passato, è la pratica della solidarietà e della compassione. Dobbiamo essere certi che ognuno di noi può fare qualcosa, ciascuno a seconda dei propri mezzi, condividendo il proprio e cercando di alleviare l'altrui patimento. Solo prendendo coscienza degli stati di profonda costernazione in cui altre creature possono venire a trovarsi riusciremo a dare un più equo grado di importanza anche al nostro dolore.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”
Primo Levi.

M.